Nel 2014, dopo 18 anni dal mio primo spostamento, lasciavo Roma per spostarmi a Dublino...
Me ne andavo da quella Roma puttanona, borghese, fascistoide, da quella
Roma del "famme sape' se sai di qualcosa", da quella Roma delle pizzerie, dei kebabbari , dei negozietti indiani, del Supercarni, quella
Roma del Greco all'isola pedonale, dei felafel con la piadina, col panino, dei tranci di pizza, dei supplì, dei bengalesi, della Marranella...
Me ne andavo da quella Roma dei cinesi che vendono pure i LED, degli egiziani che fanno la pizza meglio di noi, dei corrotti,
delle approssimazioni, degli imbrogli, degli spacciatori che non arrivano mai puntuali, dei pagamenti che non vengono effettuati, quella
Roma degli uffici postali e di Equitalia, quella Roma dei fuorisede, degli stagisti, degli stragisti, quella Roma dove le domande
erano sempre già chiuse, dove ci voleva una raccomandazione...
Me ne andavo da quella Roma che non sai mai quanto ci metti, perché stai coi mezzi; la Roma della tangenziale chiusa e la tangenziale aperta. Quella Roma delle alluvioni, esondazioni, perturbazioni, manifestazioni. La Roma delle guardie che menano forte; quella delle auto blu. La Roma "qua è tutto un magna-magna".
Me ne andavo da quella Roma dei lavori della Metro C, dei centri sociali, delle
fontanelle chiuse, degli ex-voto a Largo Preneste, del 14 per Termini e il 19 per San Lorenzo, del Vaticano, delle suore a piazza di Spagna, dei preti vestiti di porpora, dei
gatti sterilizzati e delle gattare che danno loro da mangiare...
Me ne andavo da quella Roma degli appartamenti per studenti, la Roma di via Tiburtina, del Pigneto, di via Casilina, di Torpignattàra, quella multietnica, quella della puzza di curry, quella eterna, quella imperiale, quella
vecchia, quella stravecchia, quella turistica, quella di giorno, quella
di notte, quella dell'orchestra di piazza Vittorio, la Roma fascista di piazza Bologna...
Me ne andavo da quella Roma che ci invidiano tutti, la Roma "caput mundi",
del Colosseo, dei Fori Imperiali, di Piazza Venezia, dell'Altare della
Patria, dell'Università di Roma; quella Roma sempre con il sole - estate
e inverno - quella Roma che è e sarà sempre meglio di Milano...
Me ne andavo da quella Roma dove la gente beveva per le strade, quella
Roma fetente, incasinata, inefficiente,
quella Roma dei luoghi di ritrovo: quella Roma dei Necci, dei lanifici,
dei Blue Cheese, dei Black Out, del bar de' Belli, del Forte Prenestino, del Forte Fanfulla, dell'Intifada, quella Roma dove non c'è lavoro, dove non c'è 'na
lira pure se oramai abbiamo l'Euro, quella Roma delle bestemmie, degli "aò", delle risse fuori dalle discoteche...
Me ne andavo da quella Roma degli stage infiniti, dei contratti a progetto, degli anticipi sulle tasse. Me ne andavo da quella Roma "che tanto ti fa curriculum"... quella Roma dei biglietti dei mezzi mai pagati, mai timbrati, che diventano filtri per canne che fai sempre girare a qualcun altro.
Me ne andavo da quella Roma dei solleciti di pagamento, delle cartelle esattoriali, dei fax da mandare entro 10 giorni. La Roma dei call center, dei pagamenti a nero che sono meglio,
quella Roma dei "che c'hai una sigaretta?", "c'hai spicci per un panino?",
quella Roma delle circoscrizioni, delle multe sulle strisce blu, quella Roma della Caritas vicino Termini, dei rumeni ubriachi, dei coltelli alla gola. Me ne andavo da quella Roma
dimmerda!
Mamma Roma... per dio...